Punteggiatura in pubblicità
Dal grande punto e a capo in cui sono immersa al ruolo della punteggiatura in pubblicità. Vediamo insieme come un punto o una virgola possono cambiare l’intero senso di una comunicazione e quello delle nostre vite.
Se è vero, come dice qui Annamaria Testa citando Paul Watzlawick, che punteggiamo non solo fogli bianchi ma anche le nostre memorie, ricostruendo l’intera storia dei messaggi che ci scambiamo, allora oggi mi trovo subito dopo un grande punto fermo e sto guadando lo spazio bianco che mi separa dal prossimo capoverso.
Una rivoluzione lavorativa, un bimbo in pancia e una che scandisce le prime parole, una casa da buttar giù e ricostruire; insomma un bel guado da attraversare. Non ti stupirai quindi se al momento sono così affascinata dai segni di interpunzione e se ho scelto proprio la punteggiatura in pubblicità per cominciare a parlare di scrittura pubblicitaria.
Poche regole, tanti stili di punteggiatura
La punteggiatura è un insieme di segni necessari a scandire pause e ritmo del testo (funzione prosodico-pausativa), e a chiarire il senso di quanto scritto (funzione logico-sintattica).
Come si vede in questo esempio ripreso da “Guida pratica all’italiano scritto (senza diventare grammarnazi)” di Vera Gheno (p. 68), il posizionamento della punteggiatura non è assolutamente irrilevante per la corretta interpretazione del discorso; eppure, citando le parole dell’autrice: «l’interpunzione, purtroppo per i più normativi, è raramente una scienza esatta».
La punteggiatura è fondamentale per riproporre in forma scritta la lingua parlata e forse è proprio per questo che esistono poche regole generali e un fiorire di stili diversi. Siamo nel lato più fluido e meno “imbrigliabile” della lingua, siamo nel mondo della parole di Ferdinand de Saussure, tanto per scomodare un linguista a caso. Non solo ogni settore ha le sue consuetudini e le sue tendenze (1), ma addirittura lo stile della punteggiatura cambia da persona a persona, esattamente come nel linguaggio parlato, tanto che talvolta un preciso stile ci riporta immediatamente al suo autore.
Questa varietà d’uso è ulteriormente complicata dalle possibilità e dai vincoli dei nuovi strumenti di comunicazione come Whatsapp, Twitter e compagnia bella. Pensa per esempio alla rivoluzione introdotta dalle emoticon che usano i segni di interpunzione in maniera creativa e si sostituiscono ad essi per esprimere il senso e lo stato d’animo di una frase o di una parola. Pensa all’abbandono di alcuni segni come il punto e virgola e all’iper utilizzo di altri: !!!!!!!!, …….., !?!?!?! se non addirittura !!!!1!!!1!!!, ormai denotativo di un certo tipo di atteggiamento “gomblottista” che spopola sui social network, Facebook in primis. Oppure a come la brevità imposta da questi strumenti abbia rivoluzionato alcuni loro usi, come racconta Luisa Carrada nel post “La punteggiatura ai tempi di twitter“.
Ok gli stili, ok le licenze poetiche ma sia ben chiaro: “Bisogna essere sensibili alla punteggiatura, soprattutto quando la si vuole strapazzare”(2). La creatività deve poggiare su solide basi, altrimenti è improvvisazione. E qui viene spontaneo il collegamento con il linguaggio pubblicitario. Come si comporteranno i pubblicitari, paladini della creatività strategica, nell’uso dell’interpunzione per i propri obiettivi comunicativi?
La punteggiatura in pubblicità
Come racconta Emanuele Pirella in questo bellissimo speciale di Rai Storia in pubblicità niente è lasciato al caso, anche i minimi dettagli concorrono al raggiungimento dell’obiettivo e tutto, ma proprio tutto, è usato in maniera creativamente strategica, anche un punto o una virgola. E in un campo di battaglia come quello della comunicazione pubblicitaria (fateci caso, tutto fa riferimento ad un linguaggio militare: campagna, target, obiettivo, strategia) i segni di interpunzione possono essere efficaci come proiettili, piccole pallottole d’inchiostro che cambiano il senso di una frase, talvolta interamente responsabili della buon funzionamento del messaggio.
Vediamo insieme alcune peculiarità tipiche del linguaggio pubblicitario e alcuni esempi di uso creativamente strategico della punteggiatura in pubblicità.
Il punto nell’headline
A differenza dell’ambito editoriale, in cui i titoli sono assolutamente privi di punto, in pubblicità è prassi comune inserire il punto in chiusura di qualsiasi titolo, anche il più breve. Emanuele Pirella ne ha fatto un dogma nella sua agenzia, tanto che quel tipo di punto in Italia ha preso il nome di “Punto Pirella”, ma il punto a chiusura di un titolo, anche fatto di una sola parola, lo troviamo già a partire dai titoli americani degli anni ‘60 da “Lemon.” e “Think small.” in poi.
Questo punto fa una grande differenza, trasforma gli slogan in headline cariche di significato, serve a dare enfasi alle parole che lo precedono, serve a creare una pausa di riflessione, invita il lettore ad assaporare la portata del significato del titolo e a collegarlo all’immagine che lo accompagna, come si vede in questa storica headline di Pino Pilla.
Naturalmente non basta un punto per fare un titolo efficace e dritto al punto. Il punto fermo in pubblicità non fa che chiudere un titolo-storia, anche se la storia è fatta di una sola parola. A questo proposito trovo illuminante il discrimine fra titoli che possono permettersi un punto finale e quelli che non possono, fatto da Annamaria Testa sempre qui:
«Ma torniamo al punto fermo dei titoli pubblicitari: ci sta nella misura in cui un titolo è una energica micro-narrazione dotata di un proprio tono di voce, e intesa ad affermare, suggerire, invitare, sedurre, stupire… insomma, quando il titolo racconta una storia che, anche se si sviluppa in poche parole, ha senso: comincia, e va avanti con tutta la punteggiatura necessaria. E finisce. Con un punto.
Ma se il titolo è una robetta senza sale. O se è puramente denotativo. Insomma: se non c’è storia, non c’è nemmeno punto che tenga. E tanto vale non mettercelo: non sarà quello a tenere in piedi un mucchietto di parole che non afferma, non racconta, e traballa schiantato dal peso dell’ovvietà».
Del resto le pallottole possono permettersele solo i tipi tosti 😉
Le maiuscole apostrofate
Un’altra particolarità della punteggiatura in pubblicità riguarda l’uso frequente delle maiuscole apostrofate anziché accentate. Certo non è una peculiarità del mondo pubblicitario, troppo spesso capita di vedere A’, I’ ma soprattutto E’, nel giornalismo, nelle conversazioni in rete, complici tastiere prive del tasto diretto alla maiuscola accentata. Tuttavia quello che mi stupisce è la presenza di una trasgressione alla norma linguistica, senza alcun motivo apparente, proprio in un contesto così studiato e misurato.
Ho provato a indagare sulla questione interrogando altri copy nel gruppo Facebook “Un posto al copy”, ad oggi non si capisce bene se e quando si tratta di un bieco errore, una licenza poetica dei copy, una licenza grafica degli art o una limitazione imposta dagli strumenti che rendono difficile usare questo benedetto accento sin dai tempi delle macchine da scrivere. Sono davvero curiosa di sapere se esiste un motivo ben preciso per questa consuetudine e voglio continuare a sperare che non si tratti di un bieco errore.
Esempi di uso creativamente strategico della punteggiatura
Ma veniamo alla parte più interessante dell’uso della punteggiatura in pubblicità: quello creativo, intenzionale, volto ad ottenere determinati effetti nel target. Si parte da un uso sapiente ma sempre nei canoni della norma linguistica fino ad utilizzi più innovativi e sorprendenti.
- PUNTEGGIATURA IRONICA E SOVVERSIVA
In questo annuncio Pino Pilla usa il punto per creare una pausa che enfatizza l’ironia tagliente, sovversiva, dell’interrogativa che segue. Come ha sottolineato Andrea Concato in una lezione del mini-master in copywriting l’interrogativa ti colpisce alle spalle, fino al punto tu eri completamente d’accordo con l’enunciato. La frase dopo il punto sovverte completamente quanto affermato in precedenza, ti dà una grande mazzata, ti stordisce e ti prepara ad accogliere senza difese la soluzione offerta dal prodotto pubblicizzato. - PUNTEGGIATURA EMOTIVA
Qui viene sfruttata la funzione logico sintattica della punteggiatura e in particolare la capacità di esplicitare lo stato d’animo con il quale vengono pronunciate determinate parole. Le stesse identiche parole possono essere usate con due stati d’animo opposti, nella lingua scritta si ricorre a due segni differenti. Sulla differenza fra un punto e un punto esclamativo oppure su un punto esclamativo e un punto interrogativo è stata costruita l’intera creatività di questo messaggio. Di qualsiasi stato d’animo tu sia è sempre il momento di una Gegenbauer. - PUNTEGGIATURA METAFORICA
In questo messaggio la punteggiatura diventa metafora del prodotto stesso. Parliamo di freni e di capacità di fermarsi al momento giusto, questo benefit del prodotto, e le sue conseguenze nella nostra vita, sono raccontate visivamente dalla diversa posizione della punteggiatura nelle due headline, a seconda di dove il punto ferma la lettura, il significato della frase cambia totalmente. Come in Vado a mangiare nonna/Vado a mangiare, nonna. Quindi occhio ai freni e ai punti! - ASSENZA DI PUNTEGGIATURA METAFORICA
Anche in questo caso di punteggiatura in pubblicità si usa la norma linguistica per costruire una metafora del prodotto o meglio una metafora del bisogno a cui risponde il prodotto. In questo copy-ad una stessa frase contiene due affermazioni opposte senza alcun segno di punteggiatura a separare, a mettere una pausa, ciò simula la situazione di tutti coloro che nella vita sono costretti a cambiare improvvisamente e drasticamente opinione rispetto a cose importanti come matrimoni, lavoro, amore, società, bambini. In questi casi c’è Swiss Life con i propri piani finanziari flessibili.
Che ne pensi di questa carrellata? Hai altri esempi interessanti di punteggiatura in pubblicità? Sai rispondere alla difficile questione accenti apostrofati errore o scelta stilistica?
Io nel frattempo mi faccio una ricerca sui piani finanziari flessibili, con la certezza che qualsiasi punto troverò nel prossimo capoverso della mia vita avrò comunque una buona scusa per bere birra.
Note:
(1) Interessante questo speciale della Treccani dedicato alle tendenze negli usi della punteggiatura in quattro ambiti diversi: nella scuola, nel fumetto, nel giornalismo e nella narrativa contemporanea.
(2) Citazione di Dario Voltolini da parte di Luisa Carrada nel suo post dedicato alla punteggiatura in rete.