Siamo nell’era della formazione continua, ogni giorno spunta un nuovo corso che promette di insegnarti la qualunque: dalla “Scrittura di un romanzo passo passo” allo “Sciamanesimo a partire da 16,99”. Derive assurde a parte io credo nell’aggiornamento, quello serio, e sono un’assidua e convinta frequentatrice di corsi di formazione on e off line. Tanto che alla fine l’ho fatto anche io: ho organizzato un corso di comunicazione e digital marketing a Livorno.
Si chiama Intrecci. È un corso dedicato a piccoli brand che vogliono crescere attraverso la comunicazione digitale. Rigorosamente dal vivo e pensato per un numero molto ristretto di partecipanti, Intrecci è un’esperienza a metà fra un corso e una consulenza dedicata.
Se vuoi saperne di più, trovi programma, lezioni, modalità di partecipazione, qui nella pagina del corso.
Quello che vorrei raccontarti qui è il perché ho sentito la necessità di dare seguito a un’idea nata sotto la doccia; raccogliere l’invito a popolare gli spazi del centro d’arte Mercemarcia; progettare un corso, l’ennesimo, su questo argomento. Ho raccolto tutto in 6 risposte alla domanda: perché fare un corso di comunicazione e digital marketing a Livorno?
1. Perché il digitale ha rivoluzionato le regole della comunicazione commerciale.
Internet ha portato cambiamenti epocali in ogni aspetto delle nostre vite. Uno di questi è il rapporto con la pubblicità e le marche. Se da un lato il web ha liberato l’accesso ai media, rendendo possibile una comunicazione rilevante anche da parte dei piccoli brand, dall’altro ha cambiato il modo in cui le marche vengono scelte e premiate dai propri consumatori. Internet ha offerto molte più opportunità di comunicazione ma allo stesso tempo ha reso tutto più complicato.
La pubblicità classica, quella degli spot in TV, delle brochure e dei manifesti, resta ma non può che essere accompagnata dalla costruzione di una relazione, in cui l’interruzione lascia spazio alla condivisione, gli spot alle storie, gli slogan ai dialoghi, le istruzioni ai tutorial, i consumatori alle communities.
“I mercati sono conversazioni” scrivevano nel ’99 gli autori del Cluetrain Manifesto, anticipando quello che stiamo vivendo come brand e consumatori grazie a Internet. Di fatto, per coltivare i propri mercati, tutti i brand, quelli grandi e quelli piccoli, non possono più sottrarsi alla conversazione digitale con i propri pubblici di riferimento.
2. Perché la pubblicazione di un sito web non è un punto d’arrivo.
Troppo spesso ho letto annunci di imprenditori e piccoli brand della mia città alla ricerca di “grafici o sviluppatori di siti web per un sito bello a prezzi modici”. Troppo spesso ho dovuto mordermi la lingua e passare oltre. Ma qui ho tutto il tempo per spiegarti cos’è che non va in quel tipo di annunci.
Innanzitutto un sito non è solo una questione di grafica. Un sito web è un progetto importante tanto quanto l’apertura di un negozio fisico. La costruzione di entrambi impone la presenza di una squadra di professionisti. Da un lato geometra, ingegnere, architetto, designer d’interni, elettricista, idraulico. Dall’altro: sviluppatore, grafico, UX designer, esperto SEO, copywriter, UX writer. Naturalmente più è complesso il progetto più figure è meglio coinvolgere. Non dico che per ogni sito web sia necessario coinvolgere tutte le figure del panorama digitale ma ridurre la costruzione di un sito a una mera questione grafica o strutturale non è più tollerabile.
E qui arriviamo al secondo punto. Il sito, come un negozio fisico, non solo deve essere costruito bene, per evitare che crolli da un momento all’altro, ma una volta aperto, deve essere fatto vivere. La messa on line non è un punto d’arrivo ma un punto di partenza. Il lavoro deve essere preventivato e costantemente aggiornato: schede prodotto, notizie, aggiornamenti, articoli del blog. Le persone devono essere portate e accolte, esattamente come in un qualsiasi negozio analogico.
Sulla questione del “prezzo modico” voglio darti solo un consiglio. Vivi il sito web e in generale quello che spendi per la presenza del tuo brand online come un investimento e non come un costo. Un prezzo modico porta il più delle volte a un lavoro modico. Rispetta il tuo budget ma punta alla migliore qualità possibile.
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3. Perché c’è vita oltre Facebook (o qualsiasi altro social del momento).
“A che ti serve spendere soldi e tempo per un sito web se hai la pagina Facebook? Ma che fai con un blog? La gente non legge più!”
Per quanto sia efficace una pagina Facebook o un canale Instagram, YouTube o Tik Tok, non potranno mai soddisfare da soli una strategia di comunicazione e marketing digitale per il tuo brand. Questi canali devono essere usati come strumenti e opportunità di una strategia più ampia in cui è saggio prevedere sempre un luogo digitale proprietario. Sia esso un sito web, un e-commerce, un blog, una semplice landing page o tutte queste cose insieme.
I tuoi profili social sono luoghi in cui il tuo brand vive, lavora, comunica e magari riesce a farlo alla grande, ma sono luoghi in cui è e sarà sempre in affitto e da cui può essere sfrattato in qualsiasi momento, senza ragione e senza preavviso. Un luogo proprietario permette di avere il pieno controllo di ogni cosa, comprese le analisi sui dati di traffico. Fondamentali per ricavare informazioni importanti sul comportamento dei tuoi pubblici nel tuo sito e per ottimizzare le strategie in atto.
Un luogo proprietario ti permette poi di lavorare sulla visibilità gratuita e a lungo termine che possono offrirti i motori di ricerca. I contenuti che pubblichi sul sito, sull’e-commerce, sul blog, come articoli, album fotografici, video, infografiche, schede prodotto, non solo sono utili e interessanti per il tuo pubblico, ma in quanto tali, sono utili e interessanti per farti trovare dai motori di ricerca, attraverso l’uso di adeguate parole chiave.
Non è vero che la gente non legge più. La gente legge anche più di prima, ma legge, guarda, sfoglia, ascolta solo quello che le interessa. E quello che le interessa lo trova anche grazie ai motori di ricerca.
4. Perché non dovresti usare neanche whatsapp senza uno straccio di strategia.
Una strategia, anche la più semplice e superficiale, è quella che ti consente di mantenere la rotta e di capire a chi stai parlando, dove e come stai andando, di fare analisi e paragoni, di aggiustare il tiro, di migliorare, di imparare dagli errori. È ciò che fa la differenza fra un investimento calibrato e una spesa che forse, magari, boh, chissà mi porterà un risultato.
Questa è la prima lezione del marketing e sarà la cosa più importante che lascerò a chi vorrà seguirmi in questo corso.
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5. Per risparmiare.
Intrecci è nato proprio per rispondere a chi non ha il budget per una vera e propria consulenza personalizzata ma non vuole rinunciare a far crescere il proprio brand attraverso la comunicazione e il marketing digitale. Il numero limitato di posti disponibili permette di dedicarsi a ciascun corsista con un’attenzione che raramente è possibile avere nella maggior parte dei corsi di formazione, soprattutto in quelli on line e on demand.
Il risparmio c’è anche in termini di tempo, perché Intrecci non vuole solo insegnare a costruire una strategia digitale dedicata, efficace e sostenibile nel tempo. L’obiettivo è anche quello di orientare fra le innumerevoli opportunità e professionalità offerte dal digitale. E capire in autonomia quello che serve e quando serve.
6. Perché la formazione è sempre una buona idea. Dal vivo ancora di più.
“Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno. Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita.”
Impossibile non citare l’antico ma sempreverde proverbio cinese. Racchiude l’essenza della formazione, che è il migliore investimento, soprattutto quando non puoi contare su una squadra fissa di consulenti e professionisti che fanno il lavoro al posto tuo.
Intrecci è un corso di comunicazione e marketing digitale che faccio a Livorno dal vivo perché la formazione in presenza è un momento sfidante, energetico, magico per tutti. Per chi parla e per chi ascolta, da cui ognuno esce più ricco. Di domande, dubbi, ma anche di spunti, idee. A me piace chiamarli piccoli semi di futuri possibili. Che fai? Vieni?
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