Dite a mia madre

che faccio la pubblicitaria

1 Marzo 2021

Cos’è a.i.Copy?

e perché dovresti conoscerla se sei (o vuoi diventare) un copywriter

Per raccontarti cos’è a.i.Copy devo tornare indietro di qualche anno. Quando smartworking era una parola sconosciuta, e, per quanto tentassi di farla entrare nel vocabolario aziendale, non c’era verso di ottenerla, neanche in modalità ibrida. Era l’autunno 2016 e questo fu uno dei motivi per cui decisi di lasciare il lavoro da dipendente per diventare copywriter freelance
 
Nello stesso anno tre copy, Eliana, Daniela, Arnaldo, decisero di fondare l’Associazione Italiana Copywriter, la cui sigla è appunto A.I.Copy (anche se io preferisco scrivere a.i.Copy così come appare nel logo). Sono stata la ventesima persona ad associarsi. Nel campo motivazioni del form di iscrizione scrissi: “mi sono appena licenziata e mi sento sola”.
 
In effetti da quel momento mi sono sentita molto meno sola. Non solo per i consigli di Daniela (sì la stessa di sopra, nonché fondatrice del gruppo Facebook Un posto al copy) su cui potevo contare già da qualche tempo, ma anche per la quantità di copywriter, art director, comunicatori con cui ho avuto la possibilità di entrare in relazione, pur lavorando in provincia e senza mai aver messo piede in agenzia.
 
Perché sì, oggi puoi lavorare come copywriter anche in provincia e senza agenzia. Be’ questa storia dell’agenzia in effetti mi pesa un po’, mi sarebbe davvero piaciuto fare esperienza in un’azienda che produce creatività. Ma la vita mi ha portato a fare comunicazione in aziende di altro tipo. E l’aria di agenzia la cerco nei libri, nei corsi di formazione, negli eventi, nel confronto quotidiano con chi nelle grandi agenzie ci lavora, ci ha lavorato e ne ha fondate di nuove. 
 
Tessera a.i.Copy

La prima tessera a.i.Copy era in PDF. Poi è arrivato il Puma e tutto è diventato più sensoriale.

 

La professione del pubblicitario è cambiata

Dunque, dicevamo: oggi puoi lavorare come copywriter anche in provincia e senza agenzia perché la professione del copy è cambiata. Perché il modo di fare marketing è cambiato. Le famose 4 P sono diventate 5 P (Kotler – Marketing 3.0) e poi ancora, da P si sono trasformate in E (Fetherstonhaugh – CEO OgilvyOne Worldwide). 
 
Il Prodotto è diventato Esperienza di prodotto. Il Place è diventato l’Everywhere, perché si compra ovunque e a qualunque ora, basta avere un telefonino in mano. Il Prezzo è diventato Exchange, scambio di narrazioni di valore fra marca e consumatore. E infatti, non a caso, la Promotion è diventata Evangelism. La quinta P di Pubblico/Prosumer, regna sovrana e concorre come non mai alla costruzione di marca. 
 
Inoltre il web, i social, i motori di ricerca hanno dato alla parola un peso che non aveva mai avuto prima. Le parole sono diventate keyword, agganci, autostrade per orientare, farsi trovare e creare relazioni durature fra marca e i propri pubblici. E, anche se il copywriter è prima di tutto uno che produce idee, nella coppia creativa è pur sempre quello che scrive. Capisci quindi l’entità dei cambiamenti che si stanno verificando in questa professione da quando esiste Google.
 
Non ci sono più soltanto i copywriter delle grandi agenzie e delle campagne a budget stratosferici. Quelli che firmano gli spot che si vedono in TV, che si ascoltano in radio, gli annunci su billboard giganteschi, le campagne integrate diffuse su ogni mezzo di comunicazione. Esiste una miriade di professionisti della parola di marca, come me, non famosi, non blasonati, ma che comunque portano a casa la pagnotta lavorando fra analogico e digitale, per aziende di qualsiasi dimensione, producendo contenuti di ogni tipo, sparsi in ogni dove, basta un accesso alla rete. 
 
C’è chi si specializza nella SEO, chi nello UX-writing, chi nelle strategie social, chi produce intere campagne in collaborazione con altri professionisti freelance, chi scrive solo brochure e siti web, chi fa naming, chi fa di tutto un po’. 
 

Cosa c’entra tutto questo con a.i.Copy?

L’Associazione Italiana Copywriter svolge un ruolo fondamentale nella definizione dell’identità e del riconoscimento del nostro mestiere, sia sociale, sia economico, a partire da chi il mestiere lo fa. Perché la situazione è talmente frammentata che è difficile anche per noi tracciare contorni netti fra cosa fa e cosa non fa un copywriter nel 2020. Figuriamoci per mia madre, i miei amici, i miei potenziali clienti e chi non fa parte del nostro mondo. 
 

La discussione è all’ordine del giorno nelle reti sociali che frequento insieme ai miei colleghi. Spesso i flame più accesi divampano proprio su questi argomenti, soprattutto quando si rischia di danneggiare il mercato e l’autorevolezza del nostro mestiere. 

Perché chiariamoci ancora una volta: un copywriter non è un giornalista, non è un articolista, non è un correttore di bozze, non è un venditore, non è uno scrittore, non è un poeta, non è un linguista, non è un esperto di copyright (mi è stato chiesto davvero). O meglio, può essere tutte queste cose, anche insieme, se serve per costruire una relazione e una preferenza, più o meno duratura, del pubblico verso la marca per la quale il copy lavora. Questo è il suo obiettivo. Questo è il discrimine fra la sua professione e tutte le altre che le somigliano solo perché hanno in comune la parola. 

 
 

Le cose più belle che ho trovato in a.i.Copy

I fronti su cui l’Associazione Italiana Copywriter si sta muovendo sono molteplici: dallo stimolo della discussione sulla professione, l’etica del mestiere, l’evoluzione del linguaggio pubblicitario; alla costruzione di una rete di auto aiuto e di facilitazione a una sorta di mentoring, più o meno formale, in cui copy junior e copy di provincia possono entrare in contatto con copy senior e copy di grandi agenzie. Dallo sviluppo di corsi di formazione alla gestione quotidiana di spazi di confronto e crescita. Dall’analisi del portfolio all’ascolto dei dubbi e degli input più disparati da parte di soci e aspiranti tali.
 
Se non si è capito sono una fervente sostenitrice di questa associazione, ma come non esserlo?
 
  1. Abbiamo fatto un libro. Un libro tutti insieme! 
    Si chiama Copyd19 – Creativi in quarantena. 

    Lo abbiamo fatto in piena pandemia. Sì è vero siamo sempre in alto mare, ma quando ci abbiamo lavorato eravamo nel lockdown più spaventoso: marzo e aprile 2020. Il ricavato della vendita di Copyd19 è interamente devoluto al fondo della Protezione Civile dedicato alle famiglie degli operatori sanitari che hanno perso la vita nella lotta al Coronavirus.

    70 racconti, fra cui spiccano le firme di grandi della comunicazione, come Pasquale Barbella, Paolo Iabichino, Diego Fontana, giusto per dirne alcuni, e racconti di copy di provincia come me. La verità è che mi sono divertita parecchio a scrivere per una volta senza brief. E secondo me non sono la sola, perché, nonostante sia nato in un momento disperato, il risultato finale è davvero piacevole.

    Se sei un copywriter o aspirante tale devi avere almeno una copia di Copyd19 nella tua libreria, anche se non sei fra gli autori. Lo puoi comprare qui. 

    Copyd19 - Copybraid

  2. Ho fatto un Copy di Bottega gratis. Con Roberto Ottolino.
    Copy di Bottega è il format con cui l’Associazione vuole riproporre, con tutte le differenze dell’epoca digitale, il metodo di formazione più antico e probabilmente più efficace: andare a bottega e ricevere insegnamenti da chi è più esperto di te. Tra l’altro sono uscite da poco le nuove offerte di Copy di Bottega e proprio in questi giorni si raccolgono le iscrizioni.

    Ebbene, sempre durante il lockdown, fra un aperitivo su Zoom e un incontro di Copy contro Copy, l’Associazione Italiana Copywriter ha messo in palio alcuni corsi di formazione Copy di Bottega. E io ho vinto quello dedicato al Film pubblicitario di Roberto Ottolino, insieme ad altri 5 soci sparsi in tutta Italia: Giovanni, Alessandra, Elena, Mario, Davide. 

    Ho conosciuto Roberto nel 2013, fra i banchi di Yummy Writing, uno dei primi corsi di Pennamontata di Valentina Falcinelli. E da allora penso che sia uno dei copy più talentuosi che abbiamo in Italia, certo chi sono io per dirlo, ma lo confermano fonti molto più autorevoli di me, per cui credici.

    Ecco, Roberto, umilissimo, ci ha fatto entrare nel suo mondo, fatto di testimonial stratosferici tipo Bebe Vio e registi internazionali. Ha condotto sei lezioni via Zoom con tanto di esercitazioni, compiti a casa e compitone finale in coppia. Due mesi in cui abbiamo imparato e approfondito il brief, l’insight, le scelte e le tecniche narrative, parole nuove e colonne sonore sbagliate. Dove abbiamo imparato regole e poi le abbiamo messe in discussione; abbiamo sudato freddo e pianto dal ridere. Sei lezioni che sono sembrate un anno scolastico, infatti tocca sempre fare la cena di fine anno e foto autografata come alle medie.

  3. Faccio parte di una redazione. Ma su questo credo di non poter dire altro per il momento, salvo che ci saranno belle sorprese nei prossimi mesi.

  4. Ho fatto il mio primo, e probabilmente unico, unboxing.
    Dopo “Basta scrivere” il primo evento in presenza, l’evento annuale 2020 di a.i.Copy, CAD – Copywriter a Distanza, si è tenuto online, con circa 200 partecipanti e altrettanti pacchi inviati. 

    Ecco, quello che le influencer chiamano unboxing noi lo abbiamo fatto con i pacchi che abbiamo ricevuto come partecipanti a CAD. Potete immaginare il fiorire di contenuti, uno più scemo dell’altro. Saranno state le condizioni psicologiche messe a dura prova dalla pandemia, la distanza, la mancanza di relazioni sociali ma il pacco di CAD ha generato una ritualità condivisa che ci ha fatto sentire davvero più vicini.

    Qui vedi il mio unboxing per CAD.

  5. E a proposito di vicinanza, in a.i.Copy ho conosciuto persone di ogni tipo, tutte preziose. E solo questo vale l’iscrizione a vita.

    Copywriter freelance

    Io e Elisa all’opera per a.i.Copy durante il Freelance Camp di Marina Romea di maggio 2019.

Finiamo con una call to action? Sì dai, siamo copy del resto.
Che fai ti vuoi perdere tutto questo?
Corri a iscriverti sul sito di a.i.Copy: chi si ama ci segua.

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