IA generativa e copywriting, fra muri di parole da gestire e gender gap da colmare
Come uso l’IA generativa oggi?
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Per quanto mi riguarda la creatività ha bisogno del vuoto, a volte spaventoso, di una pagina bianca. Non può essere ingabbiata dentro a muri di parole. È una posizione che ho ritrovato in tante colleghe e personalità del mondo della scrittura professionale, come Luisa Carrada, con la quale, tra l’altro, ho avuto il piacere di condividere l’edizione 2023 di “Prompt, chi parla?”.
Ebbene, per tirare fuori qualcosa di anche lontanamente nuovo e utile ho bisogno di trovare spazio e silenzio, davanti, intorno, e anche dentro. Cerco la vertigine solitaria del “E ora che dico?”. Niente carichi mentali, niente brusio da open space, niente muri di parole prodotte da un’intelligenza artificiale. Le chiacchiere di ChatGPT non solo mi disturbano, ma rischiano di portarmi sul pilota automatico, su soluzioni semplici, banali, già preconfezionate. Probabilmente non è così per tutti. Io ho bisogno di un foglio bianco e di un cursore pulsante. Anzi di un foglio bianco, di un cursore pulsante e di vita umana. E arriviamo al secondo limite dell’IA.
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L’IA non può vivere e sentire come un essere umano.Al momento l’intelligenza artificiale non sa cos’è l’ironia, ci prova, ma non riesce. Non sa toccare corde emotive con la stessa precisione con cui sa farlo un’intelligenza umana. Non tira fuori insight originali, che sono la base di qualsiasi comunicazione pubblicitaria degna di questo nome. Può aiutarti nel processo che ti porta a elaborarli, ma non può produrli, semplicemente perché tutte queste cose si basano sulla vita umana. Non necessariamente vissuta direttamente da chi scrive e progetta un messaggio, può anche essere solo letta, ascoltata, immaginata. E no, per quanto l’intelligenza artificiale possa leggere milioni di parole più di noi, non vive una vita umana. O almeno per adesso la distinzione fra macchina e uomo è abbastanza netta.
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Se pensi di risparmiare tempo ti sbagli di grosso.È vero che l’IA velocizza tanti processi, ma, innanzitutto, prima di riuscire a integrarla nella maniera giusta nel lavoro di tutti i giorni, con risultati ottimali, tocca spenderci parecchio tempo. In secondo luogo, strumenti come ChatGPT non sono il genio della lampada, non esaudiscono i tuoi desideri all’istante, sono strumenti che aiutano professionalità, che devono impiegare tempo e risorse per filtrare quanto di buono può uscire da quello strumento.
Ma anche negli utilizzi più automatizzati, all’inizio ti devi comunque ritagliare del tempo per imparare a usare questi strumenti, prendere dimestichezza e capire come impiegarli al meglio sia nel lavoro singolo che in quello di gruppo. Devi aggiornarti continuamente perché ogni giorno parte un treno, l’innovazione è continua e procede a ritmi non umani, appunto. Ecco perché mi forzo di seguire corsi di formazione. Quello che non posso approfondire nella quotidianità del lavoro, presa da impegni e scadenze, lo faccio in giornate di aggiornamento dedicato.
- Il quarto motivo del mio non pieno utilizzo di strumenti da copywriter e prompt designer come ChatGPT mi è caduto in cuffia qualche settimana fa mentre ascoltavo The Essential, “il podcast di Will che racconta l’attualità dall’Italia e dal mondo in cinque minuti”. Quel giorno Mia Ceran riprendeva una notizia della BBC, a sua volta basata su un sondaggio inglese realizzato a maggio 2023 su un campione di oltre 5.600 professionisti e professioniste, secondo cui ci sarebbe un gender gap anche nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Secondo i risultati l’IA sarebbe usata dal 54% degli uomini e solo dal 35% delle donne. Stando alle risposte di quel sondaggio, il minor utilizzo delle intelligenze artificiali da parte delle donne, sarebbe legato alla non accuratezza dei risultati, ma anche alla paura di perdere originalità e personalità nelle proprie produzioni testuali o di altro tipo. Ma c’è anche chi sostiene che questo gap rispecchi esattamente altri gap che riguardano tecnologia e genere.
Nello specifico parliamo di:
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Confidence gap
Secondo cui le donne tenderebbero a usare una tecnologia solo dopo aver preso piena confidenza, mentre gli uomini tenderebbero a usarla anche senza averne grande dimestichezza.– STEM gap
Il gap nell’uso dell’intelligenza artificiale generativa ricalcherebbe il gap esistente e documentato* fra donne e uomini sulla scelta e lo studio di materie STEM – Science, Technology, Engineering, Math. *Si veda, per esempio, il Global Gender Gap Report 2022, e l’indagine svolta da Ipsos per Save the Children.
Personalmente mi ritrovo in tutte queste risposte e dinamiche di genere, per cui posso dire che questo sondaggio e le interpretazioni che sono state date dei risultati rispecchiano in buona parte la mia situazione. E proprio alla luce di questa realtà tocca muoversi per colmarli questi gap, uno dopo l’altro. Anche perché, volenti o nolenti, l’IA farà sempre più parte della nostra vita, sia privata che professionale. Pensa che dopo mesi e mesi di dibattito, e un “negoziato fiume di oltre 36 ore” le istituzioni UE hanno raggiunto un accordo provvisorio sulla legge sull’intelligenza artificiale. Non resta quindi che continuare a formarsi e ad aggiornarsi su questi nuovi strumenti, imparando a governarli con tutta l’intelligenza, l’etica, la sensibilità e l’umanità di cui siamo capaci.