Cosa fa un copywriter nel 2021?
Le mie risposte all’intervista di Popy di ADV+
Cosa fa un copywriter nel 2021? Jessica hai voglia di raccontarmelo in diretta su Instagram? Con queste parole Roberto Nardini di ADV+, conosciuto ai più come Popy, mette in crisi la mia settimana, perché come dirgli di no? E allo stesso tempo, come evitare di fare brutte figure in diretta, io che in diretta su Instagram non ci sono mai andata?
Ho provato a ridimensionare l’ansia dicendo, ok, quante persone mai ci saranno a sentirmi? E poi ancora: hai parlato di fronte a una platea di oltre cento persone, hai fatto un corso di formazione di cinque ore a una cinquantina di agenti di vendita in Castigliano, fai formazione in presenza e a distanza. Ce la farai a sostenere un’oretta di chiacchiere con il tuo amico, nonché collaboratore, nonché ex-stagista? Ma niente, l’ansia da prestazione mi prende tutte le sante volte che mi trovo a parlare in pubblico, tanto più per un argomento così delicato e importante come il mio lavoro di copywriter freelance.
L’antidoto all’ansia da prestazione nel mio caso si chiama preparazione. E quindi mi sono ritagliata qualche ora per buttare giù una traccia delle risposte alle domande che mi avrebbe voluto fare. Non certo per impararle a memoria ma, da un lato, per avere una base sicura da cui partire e, dall’altro, per non rischiare di lasciare non dette cose importanti.
Com’è andata? Non so, ma spero che le persone in ascolto si siano divertite tanto quanto me. Sarà stata la preparazione, la bravura di Popy, la voglia di mettere in chiaro tanti fraintendimenti rispetto al mestiere del copywriter, la mancanza di vita sociale che mi fa attaccare bottone più del solito, ma, anche se la diretta ha preso una piega un po’ diversa rispetto a quanto programmato, le risposte sono arrivate spontanee e senza difficoltà.
E le risposte che mi ero scritta le pubblico qui, così facciamo contento Google e non ci perdiamo niente per strada.
Di cosa ti occupi?
Io sono una copywriter e consulente di comunicazione. Sono freelance da 5 anni e lavoro per clienti di ogni tipo, sia direttamente come collaboratrice esterna, sia chiamata in squadra da altri freelance e agenzie.
Principalmente mi occupo di costruire e raccontare i brand nel mondo digitale, attraverso siti web, social e il content marketing. Ma ho curato anche campagne locali integrate fra analogico e digitale, che hanno previsto affissioni, pubblicità dinamica, eventi. Spesso mi diverto con il naming e qualche volta faccio formazione, insegnando marketing e comunicazione.
Come ci siamo conosciuti e come collaboriamo?
Prima di fare la freelance ho lavorato per sette anni nell’ufficio comunicazione e marketing di un’azienda alimentare. Dove mi sono occupata del racconto di un brand di prodotti senza glutine. In azienda facevo davvero di tutto, dalla strategia digitale al customer care, dalle pubbliche relazioni alla formazione della forza vendita, dai testi per il packaging ai materiali POP, dalla sceneggiatura dei video istituzionali ai copy per le pubblicità sulla stampa. Fino a che il marchio è cresciuto talmente tanto da non poter fare tutto da sola con la mia allora responsabile d’ufficio, nonché art director. Per cui ci siamo dovute riorganizzare e abbiamo cominciato a prendere stagisti. Uno di questi è appunto Popy, e da allora non ci siamo praticamente mai più mollati. E oggi Copybraid e ADV+ collaborano in diversi progetti e con diversi clienti.
Cosa fa un copywriter?
Eh mica semplice. Ci provo, dunque: tradizionalmente il copywriter è un creativo che lavora nelle agenzie pubblicitarie, fa coppia con l’art director. E se l’art si occupa dell’immagine, il copy si occupa della parola, del naming, degli slogan, dei payoff, delle sceneggiature per i film pubblicitari, ma anche delle colonne sonore e dei jingle, dei dialoghi, degli script per gli spot radio.
Nonostante questo il copywriter non è uno che scrive, cioè la scrittura arriva dopo le idee che si fa venire insieme all’art per trasformare il brief che gli ha dato il cliente in un concept e poi in una proposta creativa. Ci sono degli annunci in cui la parola manca totalmente oppure occupa un ruolo secondario, eppure sono annunci creati anche da un copywriter.
Come è cambiato il ruolo del copywriter con il digitale?
La confusione è nata proprio con l’arrivo del digitale e con l’evoluzione del modo di fare marketing e comunicazione di marca. Come ho scritto recentemente sul mio blog, il modo di fare marketing è cambiato. È sempre meno interruzione e sempre più inbound, cioè la marca invece di andare dalle persone e interromperle, si fa cercare e trovare solo dalle persone che potrebbero essere interessate ai suoi prodotti. E quindi, in questa strategia, diventa centrale costruire delle relazioni attraverso contenuti interessanti per i propri target, che in quest’epoca diventano pubblici.
Inoltre Google, ma anche i social, e in generale il digitale, hanno dato un ruolo nuovo e importantissimo alla parola. Quindi capisci bene che i contorni della professione del pubblicitario che lavora principalmente con la parola ne escono totalmente rivoluzionati.
Ad ogni modo pur con tutte le differenze del caso, oggi un copy continua a essere il creativo che produce idee per un cliente per ottenere una preferenza, possibilmente duratura, verso una marca. Ecco perché un copy non è uno scrittore, non è un giornalista, non è un correttore di bozze, non è un articolista, non è un venditore. Può essere tutte queste cose insieme se questo serve a creare quel legame fra marca e pubblico e quella preferenza più o meno duratura.
Oggi la discussione su cos’è e su cosa non è un copy è all’ordine del giorno perché siamo ancora in una fase rivoluzionaria per questo mestiere, per esempio oggi ci si può permettere, come me, di fare i copywriter in provincia e fuori da un’agenzia pubblicitaria.
Cosa consiglieresti a un aspirante copywriter?
Dipende a che punto sei del tuo percorso personale e professionale. È vero ci sono mille percorsi per diventare copywriter ma bisogna sfatare il luogo comune secondo il quale basta un corso per diventarlo. Ci vogliono basi solide, esperienza e una predisposizione. Io per esempio sono laureata in comunicazione e lingue ma conosco copywriter che hanno studiato tutt’altro, anche materie scientifiche. Sicuramente uno o più corsi seri sul copywriting e sulla comunicazione di marca sono imprescindibili. E sottolineo seri, perché in rete si trova tanta, troppa fuffa.
Parlando di formazione, a parte i libri e i percorsi universitari dedicati, fra le realtà che offrono corsi per copywriter mi sento di consigliare (anche perché li ho seguiti in prima persona): Copy di Bottega, i corsi dell’Associazione Italiana Copywriter, ma anche Copy42 di Pennamontata. Altre realtà che fanno formazione per copywriter sono Digital Update, Officina Microtesti, Ninja Marketing. Non ho mai fatto i corsi offerti da Studio Samo, ma credo di poterli consigliare senza problemi. Gli ultimi citati sono meno focalizzati sul copywriting ma hanno un’offerta su temi che possono essere molto utili per il digital copywriter: SEO, Mailchimp, Google Ads, UX-writing, social etc.
Consiglio di fare esperienza in agenzia, anche se poi si vuole fare il freelance. Secondo me l’aria che si respira in agenzia ti aiuta tanto. Poi consiglierei di entrare nelle reti sociali dove i pubblicitari si raccontano e condividono spunti di riflessione, di aprire un canale in cui condividere idee e spunti propri. Consiglio anche di confrontarsi con art director o comunque persone con maggiore esperienza quando questi si mettono a disposizione per valutare i portfolio di aspiranti creativi. Io che non sono mai stata in agenzia cerco di colmare questa lacuna ascoltando i creativi con più esperienza di me, nei corsi, nelle reti sociali, nei luoghi in cui parlano.
In generale si deve essere curiosi, affamati di contenuti, di creatività altrui, leggere tanto e non solo libri di settore, essere sempre sul pezzo dell’attualità e coltivare la propria cultura e la propria mente.
L’ultimo libro comprato e il primo che consiglieresti a chi si avvicina a questa professione.
Sul tema libri sono pericolosa, come molti miei colleghi e mie colleghe rischio di seccare il conto in banca nell’acquisto di libri! E solo nell’ultima settimana ne ho comprati più di 10. Poi devo trovare il tempo di leggerli ma questa è un’altra storia.
L’ultimissimo che ho preso è questo: Brand Activism di uno dei grandi teorici del marketing, Philip Kotler e di Christian Sarkar, con la prefazione di Paolo Iabichino, uno dei grandi nomi della comunicazione di marca in Italia. Qui si parla della necessità imprescindibile per ogni brand di prendere posizione rispetto ai grandi problemi che affliggono il mondo e di mettere in atto strategie concrete, non più solo slogan, ma vere e proprie azioni.
Quello che mi sento di consigliare a tutti, agli aspiranti copy, ma anche ai copywriter che già lavorano e che ancora non lo hanno letto, è senza dubbio Digital Copywriter di Diego Fontana. Non solo perché è un’utilissima cassetta per gli attrezzi a tema creatività e comunicazione pubblicitaria, ma soprattutto perché è il primo libro che cerca di tracciare i confini del mestiere del copywriter raccontando l’evoluzione fra il vecchio modo di fare copywriting, che comunque esiste ancora, quello delle grandi agenzie, degli spot televisivi, quello dell’ATL e del BTL, e il nuovo mondo dei copywriter, quello appunto del digital copywriter.
Sforo con un ultimo consiglio per gli acquisti a tema libri, ma non ne posso fare a meno, questo lo dovete assolutamente avere in libreria: è Copyd19, una raccolta di 70 racconti di copywriter, nomi famosi della pubblicità italiana e nomi piccini piccini, come il mio, scritti durante la quarantena a marzo dello scorso anno. Un progetto dell’Associazione Italiana Copywriter il cui ricavato è interamente devoluto al fondo della Protezione Civile dedicato alle famiglie degli operatori sanitari che hanno perso la vita nella lotta al Coronavirus.
Cosa ti piace del tuo lavoro?
Mi piace scoprire e studiare cose nuove e mi piace raccontare le storie che stanno dietro ai marchi per i quali lavoro. Mi piace moltissimo quando i miei clienti si riconoscono nelle mie idee e nel mio modo di raccontarli. Mi piace mettere in relazione mondi.
Cosa non ti piace del tuo lavoro?
Non mi piace fare preventivi. E non avere mai abbastanza tempo per tutto quello che vorrei fare, leggere, raccontare.
Quali sono le piattaforme in cui sei presente?
Ho un sito web e un blog, su cui scrivo molto meno di quanto vorrei.
Sono attiva su Instagram; con la pagina Facebook Copybraid; su LinkedIn con il mio nome e cognome Jessica Manzella. Ho anche un profilo su Twitter ma non lo uso quasi più, e un profilo su Tik Tok ma sono solo un’osservatrice per il momento.
Su Clubhouse posso dirti poco o niente, sono dentro ma non lo sto ancora seguendo, ricevo solo notifiche nelle ore più assurde e posso raccontarti che i miei figli sono entrati per sbaglio in una stanza di Clubhouse mentre avevano il mio cellulare in mano!
Stai guardando Sanremo?
Ovvio, è uno di quegli eventi dell’attualità che un copywriter non può farsi sfuggire. In più uno dei big in gara porta sul palco prodotti di un mio cliente per cui sono un po’ costretta ma anche tanto curiosa.
Come il Covid ha cambiato il tuo modo di lavorare?
Non lo ha cambiato molto perché già lavoravo da casa. Mi ha tolto però le occasioni di socializzare, di nutrire mente e anima. Mi ha tolto l’incontro con i clienti e con i collaboratori, che secondo me in alcuni momenti è fondamentale, perché alcune vibrazioni non passano attraverso lo schermo.
Trovate l’intervista “Cosa fa un copywriter nel 2021?” sul profilo Instagram di @popydigital.